Un’uscita di emergenza

domenica, 30 Gennaio 2011 by

….Che non lasci tracce, come il vero amore secondo Cohen.

Nemmeno l’uomo più “grande e grosso” ha spalle abbastanza larghe per poter sorreggere da solo il peso dei ricordi.

Fine dei programmi, fine della serie TV a cui si era appassionato per qualche mese, il suo appuntamento serale, gli amici con cui rideva. Che c’è di grottesco? A chi non è capitato mai di trovarsi talmente solo da avere surrogati di socialità a un orario preciso, su un preciso canale? E sentirsi smarrito alla fine della serie, con una domanda tra tante, “A quando la prossima risata”?
Guardava il soffitto cercando di concentrarsi su qualche angolo di vuoto, difficile da individuare in mezzo a tutti i fermoimmagine pronti per essere avviati da un semplice attimo di distrazione.
Era tempo di uscire a fare due passi. Pioveva….Fosse stato un problema, ci avrebbe messo la firma per avere lunghe stagioni di pioggia, e lei di nuovo accanto a lui, nel loro letto sfatto, occhi rivolti alla finestra a guardare il grigio chiuso fuori, a fissare il rumore della pioggia, reciprocamente al riparo da qualsiasi pseudoguaio della vita, il loro abbraccio.
E invece, percorreva solo le strade della sua città, un piccolo universo calato nel traffico, tra il viavai di persone indaffarate, nemmeno il coraggio di guardarsi attorno per via della strana sensazione che la solitudine lo rendesse involontariamente più bravo a focalizzare le coppie intorno, e sembrava ci fosse solo quello per la città, solo gente innamorata e contenta. Seguiva il rincorrersi della sua ombra al passaggio sotto i lampioni, e si vedeva sempre più piccolo, sempre più stretto nelle spalle come se volesse nascondersi dentro di sè. Cercava di distrarsi ripensando a quante possibilità offrono le storie in certi film. Il primo raccontava di come sarebbe utile alla sopravvivenza poter cancellare i ricordi, come avrebbe potuto affrontare con più leggerezza i giorni senza trovarsi spiazzato dalla memoria. Fermo nella piazzetta nella parte vecchia della città, si stupiva di come anche gli spazi più sconfinati diventassero una piccola isola quando i ricordi ne definiscono i confini.
Tanto valeva arrendersi, come un uomo arrivato disarmato a un improrogabile duello.
“Quando si vuole uccidere un uomo bisogna colpirlo al cuore.” Diceva Ramón a Joe, e lei doveva aver imparato bene la lezione, e imbracciato un fucile.
Lei che nel suo sguardo tornava a essere lì, ferma ad aspettarlo, puntuale, sorridente, impaziente. Lei che all’improvviso era diventata distante persino quando la incrociava per caso, e aveva scritto la fine di una storia, portandosi via promesse e gli interrogativi di lui soffocati malamente in risposte affrettate, vaghe.
Magari era ora di rientrare, indeciso se valesse la pena strappare ancora minuti a quella giornata sperando in chissà quale ritorno, in una telefonata, un sms da non mancare, o smetterla di torturarsi aspettando chissà cosa….Di fatto, persino dormire era diventato scomodo, è quel che succede quando i sogni sono talmente più preferibili alla realtà che è da stupidi decidere di svegliarsi.
Era quello il pensiero che gli dava conforto, che cosa assurda, in mezzo a tanta vita, a tante possibilità, teneva gli occhi fissi sulla sua uscita di emergenza. “Dovrebbero inventare un’uscita di emergenza che ci permetta di svicolare fuori senza lasciare traccia, solo la meritata, appannata sensazione di un’assenza, qualcosa a cui non si sa nemmeno che nome dare.”
Aveva in mente tanti film quella sera, nel secondo un uomo incoraggiava una ragazza a restare, come una scelta che doveva a qualcuno che ancora doveva arrivare a incrociarla, qualcuno che rischiava di non trovarla in quel luogo e in quel giorno totalmente sconosciuti, in cui però si sarebbero incontrati, secondo quel signore.
Per quale ragione? Chi può dire con assoluta certezza se sia giusto restare o andare via? La vita aveva scelto abbastanza per lui, e lui aveva ancora la libertà di scegliere cosa fare della sua vita, in fondo l’unico che potesse sancire con un nome la sua storia era lui. Era stanco, sicuro che c’era un sogno accogliente tra le lenzuola, un abbraccio che non si sarebbe sciolto al risveglio.

Non so come nè quale fu il pensiero su cui chiuse il giorno, magari qualcosa di poetico ispirato a un film, qualcosa come “Quando mi ritrovai nella luce accecante del sole, uscendo dall’oscurità….” aveva in mente solo due cose, che a un duello con un avversario armato di fucile non ci si presenta con una pistola, e che i suoi sogni erano davvero avvolgenti e accoglienti come un abbraccio.

http://www.youtube.com/watch?v=gct6BB6ijcw
Per la traduzione, http://www.pearljamonline.it/traduzioni/lostdogs.htm#I
….Ogni storia ha una canzone che la racconta.

2 Commenti a “Un’uscita di emergenza”

  1. silvano Scrive:

    davverio molto brava!

  2. Silvia Scrive:

    Grazie :-).