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Berna, giovedì 1 ottobre 2009

lunedì, 5 Ottobre 2009 by

“Ed eccoci seduti all’aperto in uno dei tanti e ormai anonimi lounge bar del centro-nord Europa per sorseggiare un’amara birra alle 18:30, orario che qui è consacrato alla cena piuttosto che all’aperitivo. Io, una ragazza canadese e una ragazza mongola. Mi chiedo: cosa abbiamo in comune? Mi rispondo: niente. Mi chiedo: cosa potremmo avere in comune? Mi rispondo: niente. Mi chiedo: cosa è bene che abbiamo in comune? Mi rispondo: ora basta farsi domande oziose, beviamo. Per non sapere né leggere né scrivere chiedo, in un tedesco scolastico ma ben scandito, la solita birra che non guasta mai. Appena dopo l’ordinazione capisco quale destino mi attende: il bagno… Bevuta nel giro di due minuti manco stessi nel deserto di Gobi (in onore alla ragazza mongola) chiedo cortesemente scusa e mi dirigo con sicumera nella toilette del locale bernese. Mentre attraverso il locale con la solita musica indistinguibile in sottofondo che, da una parte, dovrebbe risvegliare gli istinti ma, dall’altra, li sopisce irrimediabilmente facendoli sfociare in un sorrisetto da ebete, odo e vedo due italiane conversare dei loro studi (a Berna?). Sono tentato di fare le solite domande ma poi mi dico che non è il mio stile e che, comunque, chissenefrega di loro; ho cose ben più importanti da fare: chi lo vuole sentire quel pagliaccio di Luca che mi chiede nuove recensioni da nove mesi. Insomma, entro nel bagno.
Che dire? Anche qui, la globalizzazione dei bagni, perlomeno dei bagni occidentali, è un fatto. Ne prendo atto una volta che le piastrelle a mosaico biancastre e grigiastre mi si parano innazi agli occhi.Per carità, la luce è ottima e anche l’atmosfera nel complesso è gradevole per essere una toilette all’ora di punta svizzera. E poi non c’è puzza di niente, bene.
Per terra alcune gocce d’acqua e un fazzoletto, tuttavia, mi fanno storcere il naso. Diamine, pure in Svizzera cominciano a sporcare i bagni…
Anyway, apro e chiudo la porta del bagno con le mani: il canone alessandrellesco non è rispettato per la prima volta.
Eseguo con diligenza le operazioni di svuotamento del serbatoio e, continuiamo a farci del male, devo premere il pulsante per tirare l’acqua: seconda violazione del canone aureo.
Laviamoci le mani: tocco l’impossibile e distinguo nettamente anche le impronte digitali. Terza violazione del canone.
Mi asciugo contrariato le mani e riapro la porta toccando nuovamente la maniglia. Inevitabile il pensiero a cosa possono aver fatto alcune mani in quel bagno. Quarta violazione.
Il giudizio sarà severo e inappellabile.
Ritorno al tavolo: l’aria si è fatta frizzante; le ragazze sono alticce dopo due cocktail a mio giudizio eccessivi per la bassa quantità di enzimi in grado di assorbire l’alcool; rifuggo qualsiasi tentazione della carne, espleto le ultime formalità degne di un qualsiasi latino ben educato e mi alzo con un velo di tristezza per il relativismo dei bagni contemporanei.”

Voto: 5

Sabato 15 novembre 2008: Milucky, Ortona, Chieti, Italia.

lunedì, 24 Novembre 2008 by

In omaggio alla macchina da scrivere e al PC vintage scrivo questa prima breve nota con il Courier New: una provocazione.

Fuori di tazza – I

Durante la preparazione della rubrica l’amico Riccardo ha fatto alcune osservazioni sull’ideale di cesso di un locale pubblico. Sono emersi alcuni capisaldi: il pedale al posto delle manopole del rubinetto per evitare il contatto delle mani appena lavate con il lerciume lasciato dagli altri sconosciuti; una cellula fotoelettrica per evitare di posare le mani sull’interruttore e, aggiungo io, una porta che si apre automaticamente. La prima caratteristica È presente in molti cessi; la seconda quasi mai; la terza mai. Avendo in mente questo concetto austero ma funzionale, nonché igienicamente ineccepibile, inizio il mio viaggio nei cessi dei locali pubblici assistito da una vescica generosa e sempre bellicosa.

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