Mattina,nodi e tarli.

lunedì, 24 Gennaio 2011 by

La sveglia suonava puntualmente ogni mattina alle 8 e puntualmente ogni mattina, ignorava quel suono. Restava con gli occhi semiaperti a guardare la luce che penetrava appena dalla finestra di fronte. Pensava, in sequenza obbligata, a quattro cose: buona giornata, cuore; ringrazio Dio per essere qui a poterlo pensare; è ora che inizi la mia giornata ; vado a farmi un caffè. Poteva scriverci una poesia ma non sapeva farlo, così annotava quelle frasi su un’agenda di fianco al letto, tra i libri che voleva leggere. Poi ci pensava su per altri venti secondi se era o no il caso di abbandonare quelle morbide lenzuola e andare in cucina, dove di sicuro avrebbe trovato una temperatura nettamente inferiore. Mentre preparava la moka del caffè aveva un sorriso strano. C’era stato un periodo in cui aveva pensato che la vita, il suo senso e le persone potessero essere racchiuse in una foto. Erano tutti così maledettamente uguali, con i loro tagli di capelli e i colori diversi. Le ragazze li lasciavano crescere lunghi fin sotto le spalle, come a voler dimostrare la loro libertà nel saperli portare così. Poi arrivava un uomo che le distraeva dai loro progetti e nel silenzio di pochi ragionamenti confusi, quei capelli erano stati tagliati in nome di un imminente cambiamento. Tagliare con essi anche tutto ciò che si era. Cambiare persino colore per non doversi riconoscere ad uno specchio.  Lei era rimasta la stessa, la color biondo cenere di sempre e questo lasciava perplessi, perché cambiava e in pochi se ne accorgevano.  Partì così per un viaggio molto personale dove non c’era posto per  il rimorso ed il rancore ma lo spazio era riservato all’emozione e a tutto ciò che la poteva arricchire. Perse la sua verginità emozionale quando si innamorò di un uomo e fu capace di non pretendere niente, solo lasciò perdere la fretta e l’impazienza. Il limite più grande che aveva era non saper accettare i propri sentimenti, non voler ammettere i propri errori e non riconoscere i propri limiti. Voleva spiegarlo a  chi ogni giorno pensava che cambiando apparenza, avrebbe cambiato sostanza. Per questo sorrideva. Sapeva che non ci sarebbe riuscita ma voleva provarci lo stesso. Il caffè uscì proprio nel momento in cui si rendeva conto di aver partorito questo pensiero e accompagnandosi con movimenti lenti, prese la tazzina di porcellana con i disegni floreali per sorseggiare quella colazione così strana. Pensò che voleva mandargli un SMS e lo fece davvero. Che timore doveva avere? In quel viaggio non c’era spazio neanche per la paura. Seduta al tavolo della colazione, mentre assaporava il retrogusto amaro del caffè e mangiava un biscotto preso a caso nella busta, si chiese se per caso gli altri biscotti fossero gelosi di quello che ora si stava avvicinando alle sue labbra. A metà  di quel viaggio si sarebbe resa conto che non c’era neanche tempo da perdere ad essere gelosi di qualcosa che in realtà non possediamo. Qualcosa che desideriamo possedere. Niente di più malato di questo tarlo può insediarsi nella mente di chi ama: il desiderio di avere per sé, per il proprio piacere personale, dimenticando che ognuno porta sulle sue spalle un passato ed ha un presente composto di parole, sguardi e azioni che mai potremo controllare. Sapeva inoltre che la mattina, quando si svegliava, l’avrebbe voluto al suo fianco non per girarsi nel letto e controllare che fosse ancora con lei. Perché non aveva bisogno di voltarsi a vedere, lei l’aveva guardato quella sera e aveva capito che non se ne sarebbe andato, tanto bastava. In questo modo lui poteva essere anche distante, fuggiasco, nascosto, ma lei comunque l’avrebbe visto. Ed essere gelosa di uno sguardo di un’altra donna o di una mano che si poggiava sulla sua spalla con malizia non aveva senso, lui poteva essere con lei ogni volta che voleva, senza aver bisogno di guardarla, perché  sapeva.

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