Archivio di Maggio 2011

Ed eccomi

domenica, 29 Maggio 2011 by

Non aspettava quell’incontro e pensava di non meritare una giornata del genere. Sapeva solo di aver aspettato anche troppo per prendere una decisione. La paura di scegliere era anche più forte di quella di sbagliare.

“Se ti va amami nell’ombra e aspettami”  le aveva detto lui, una sera che erano rimasti insieme, in una macchina parcheggiata nella notte.  Lei per un senso di fedeltà lo ascoltò e volle dare un senso a quelle parole.  Si mise  in una situazione  dove l’unica via di scampo era restare rintanata in una stanza ad aspettare il suono di un cellulare. Dunque,doveva amare ma non doveva farsi scoprire? Cosa c’era di tanto squallido nel volergli tenere la mano con tenerezza? “I gesti più semplici sono quelli che fanno più paura” pensò ma non gli diede peso e continuò a fingere che fosse davvero così.
Lui d’altro canto non la chiamava mai e la lasciava appesa ad un meraviglioso filo di seta. Mentre lei credeva di amare,lui non c’era. Non aveva tempo per quelle cose.
” Vado a fare un giro”. Lei prese le chiavi di casa e uscì dal portone.
Non aveva mai avuto un motivo per prendere l’automobile e viaggiare senza meta,consolandosi con il vuoto delle strade.  Cercava in ogni modo di lavare via la sua sfortuna, incolpando ora le circostanze ora i tempi che non coincidevano per giustificare quella mancanza di tatto e considerazione da parte di un uomo che non voleva essere un compagno. Quando si trovò a metà strada dalla città cercò il cellulare nella borsa e compose un numero.
“Dimmi”
“Che fai?”
“Sto lavorando”
“Posso passare un secondo?Hai voglia di vedermi?” ( perchè non andava bene ” ho voglia di vederti”. Suonava così infantile)
“Lasciami stare,io ho da fare”
Sterile e freddo come un tavolo operatorio,lasciò che il respiro di lei dall’altra parte del telefono si facesse leggero e spezzato.
“Fa niente” ripeteva a intervalli regolari.
“Fa niente,era tanto per dire” continuava a ripetere anche dopo aver messo giù la cornetta. Suonava come una beffa, un controsenso.
Arrivata in centro parcheggiò e, muovendosi sui tacchi che le massacravano i piedi, si avviò verso la piazza.
“Eccomi” disse timidamente.
“Finalmente sei arrivata!”
Quell”uomo le sfiorò le mani e la baciò in fronte.
Lei sorrise,lo guardò e capì che il suo posto non era il freddo dell’ombra ma il caldo del sole.

Lo zucchero è bianco

mercoledì, 11 Maggio 2011 by

Parlava per ovvietà ed era ciò che gli riusciva meglio. Eccolo, l’uomo che crollava  sotto un foglio di carta. “ Se vuoi rimango” , ma lui non voleva che rimanesse. Tutto quel caos gli aveva messo addosso solo la voglia di tornare a casa per gettarsi sotto la doccia. L’acqua calda l’avrebbe avvolto ed avrebbe svolto il suo mestiere, trascinando via oltre la sporcizia accumulata nei pori, anche la purezza dello sguardo che quella sera lei gli aveva donato. Non era forse pronto per amare di nuovo degli occhi fragili? Versò nel suo bicchiere un po’ di vino bianco e rimase a fissare il tavolo da quattro posti vuoti. Sedie solitarie dagli schienali gelidi, parti di discorsi rimasti sospesi nell’aria di una cucina disabitata. Trovava quelle sere decisamente trash e cercava di riempirle con qualsiasi cosa non prevedesse interazioni sociali. Così accendeva la tv, si preparava un panino e si nascondeva nel divano.

“Chissà a cosa ha pensato in quel momento. E se sono diventata egocentrica io tutto d’un tratto o quella frase era proprio per me”, mentre il rumore del phon dentro un bagno piastrellato in blu accompagnava pensieri in sottofondo. Venti secondi di pioggia sottile e si lasciò  esistere, mentre appoggiava la punta del suo naso su un collo che per un momento rappresentò la perfezione del silenzio.

“Scendi che andiamo a prenderci una birra” . Risuonò l’invito del suo più caro amico e lui era in pigiama e pantofole. Cosa ne avrebbe detto se gliene avesse parlato? ( Ma chi può dirci che non l’abbia già fatto – suggerisce la voce narrante al malcapitato lettore). Forse l’avrebbe trovato diverso da come cercava di farsi vedere? “Non saprei ,non saprei” si ripeteva mentre scendeva le scale e si malediceva.

Molte volte ai due era venuto in mente di chiamarsi e di farsi delle domande ma nessuno di loro osava interrompere l’altro nella contemplazione del proprio percorso di vita. Insomma, una cosa risultava chiara: se quella sera non si fossero persi su una riva di un lago, con le rane che gracidavano e lei che non sapeva come muoversi, quante cose ovvie non avrebbero condiviso!